sabato 23 dicembre 2017

Stupenda metafora di civiltà



La ricerca prima di tutto. Andare per i campi e per i boschi in una esplorazione che si rivelava sempre fruttuosa. Non so perché, ma a quei tempi i nostri sopralluoghi ci riservavano sorprese molto più fortunate e feconde rispetto ai nostri giorni. La materia abbondava con i suoi riflessi verdastri ed più raramente argentati o ramati che sfolgoravano al chiarore delle illuminazioni. Il muschio profumava di quercia, di felce, di corbezzolo, di lentischio, di pascolo fresco appena brucato dalle pecore. I belati degli agnellini costituivano la sinfonia che accompagnava le nostre escursioni. La seconda fase consisteva nel recuperare gli scatoloni conservati nel soffitto. Una leggera emozione assaliva le nostre piccole mani impegnate nella scoperta delle statuine e delle illuminazioni avvolte meticolosamente con la carta del giornale per preservarle dalla polvere. Il luogo deputato ad accogliere la rappresentazione della nascita del salvatore era sempre lo stesso ed attendeva, da un anno all’altro, la consueta apoteosi. Ricordo perfettamente la gioia che provavamo nell’allestire questa stupenda raffigurazione; il trasporto ed il coinvolgimento erano intensi ed appassionati. La capanna innalzata con pareti in sughero grezzo, i corsi d’acqua realizzati con la carta stagnola, qualche pietra di fiume ed un po’ di sabbia per delimitare i percorsi dei pastori e dei magi. Ricordo con nostalgia, in particolare, un mio personale stato d’animo che oggi mi fa sorridere: per anticipare l’arrivo della festività avvicinavo alla capanna, all’insaputa di tutti, le statuine dei pastori. Poiché ero portato ad avvicinarli troppo, dovevo sistematicamente e malinconicamente indietreggiare quelli più solerti nel raggiungere la meta tanto agognata. Penso che in tutte la case si vivesse quella particolare atmosfera che anticipava il Natale. Quello che era privato, familiare e personale è diventato, nel nostra realtà locale, pubblico, collettivo e sociale. Direi quasi universale. L’allestimento del presepe attraverso la manifestazione Notte de Chelu giunta quest’anno alla quarta edizione, ha assunto una dimensione comunitaria che inorgoglisce l’intera cittadinanza. Lo spettacolo di luci, di suoni, di sapori e di colori cresce esponenzialmente: ogni anno più coinvolgente, più stupefacente, più immaginifico. I riscontri a livello di presenze sempre crescenti. L’organizzazione e l’impegno della proloco, dell’amministrazione comunale, della ditta Rau, dei rioni e dei singoli cittadini, della Funky Jazz orchestra, dei locali cori Pietro Casu e Santu Sabustianu e dei cori dei paesi vicini totale e totalizzante. Indicazioni originali disseminate nei punti nevralgici ti conducono a scoprire queste meravigliose e sfavillanti creazioni frutto dell’estro e della maestria di sapienti artisti. La competitività è bandita perché sono tutti molto suggestivi. Ogni rione cerca di mettere in mostra e di valorizzare il proprio genio costruttivo e realizzativo. Quest’anno quasi tutti hanno operato un sensibile rinnovamento di scenari, di protagonisti, di sfondi e di illuminazioni. Il tutto contornato da canti, suoni, musica armoniosa e coinvolgente. L’originaria gioia di un piccolo nucleo familiare stretto attorno al proprio presepe si arricchisce in questo modo di una festosità che si ravviva perché è contrassegnata da ospitalità, da accoglienza, da cooperazione, da fantasia e da creatività. Con Notte de Chelu Berchidda offre una stupenda metafora della propria socialità e della propria civiltà.

giovedì 13 aprile 2017

Costruiamo insieme un ponte



Ricordo ancora l'emozione, la gioia e l’orgoglio che maturò in ciascuno nel salutare una nuova era: l’introduzione della moneta unica in Europa.  Un sistema finanziario cercava di avvicinare i popoli superando le vetuste frontiere e le antiquate barriere doganali. Gli osservatori più attenti non potevano non cogliere che i diversi tagli delle banconote in euro erano accomunati dalla figura stilizzata di un ponte. Il ponte riaffermava il principio ed allo stesso tempo il valore dell’appianamento delle incomprensioni, delle disuguaglianze e delle barbarie. La costruzione di un ponte confligge con la realizzazione di un muro. Il Vallo di Adriano, La Muraglia cinese, il muro di Berlino, il muro tra Israele e Palestina, la ripresa della costruzione del muro tra Stati Uniti e Messico, i nuovi reticolati in Europa rappresentano vere e proprie architetture di egoismo, di prevaricazione e di sopruso. Nel 1989, quando cadde il muro di Berlino, sussistevano solo undici muri. Oggi ne contiamo settanta. La costruzione dei muri è una tendenza mondiale consolidata che mira a respingere la povertà. Ciò che accomuna queste moderne barriere è combattere l’avanzare dei migranti, dei derelitti, degli sfortunati. Eppure niente è di più vero di quanto ha affermato di recente Joan Baez durante il ricevimento di un prestigioso premio per la sua carriera di artista: “Costruiamo insieme un ponte, un grandioso e bellissimo ponte per accogliere ancora una volta gli esausti e i poveri. E pagheremo questo ponte con il nostro impegno. Noi, il popolo, siamo gli unici a poter creare il cambiamento”. La civiltà e il progresso dei popoli prosperano attraverso l’abbattimento dei muri e il felice incontro di culture diverse.

giovedì 9 marzo 2017

Giornata di festa o di conquista



La festa della donna è, o dovrebbe essere, la celebrazione delle bambine che stanno per nascere o di quelle che si affacciano alla vita. La ricorrenza annuale dovrà costituire per loro una puntuale verifica delle vittorie e delle sconfitte riportate nel corso della loro esistenza. Dovranno ispirarsi prima di tutto al ramoscello di mimosa che riceveranno in dono durante la loro ricorrenza. Questa pianta apparentemente fragile ed indifesa simboleggia perfettamente le battaglie vinte dalle donne nei decenni contro i venti e le tempeste dei diritti negati. Dovranno continuare le lotte portate avanti dalle donne che le hanno precedute ed hanno riguardato il diritto al lavoro, l’accesso alle carriere, l’abolizione del delitto d’onore, l’autodeterminazione rispetto al proprio corpo, il riconoscimento della violenza sessuale come reato contro la persona. Nonostante queste conquiste il ventaglio delle rivendicazioni, delle esclusioni e delle discriminazioni è infinito. Nel nostro paese rappresenta ancora una chimera la parità di genere: secondo alcuni studi per raggiungere l’equiparazione tra docenti universitari e le loro colleghe dovrà trascorrere più di un secolo; si dovrà attendere di più per conseguire la perequazione nei consigli di amministrazione o nei vertici delle diplomazie. Dopo quasi 70 anni di democrazia si favoleggia su una donna alla presidenza della repubblica o alla presidenza del consiglio. Eppure l’articolo 3 della costituzione condanna ogni forma di discriminazione e sollecita l’affermazione dell’uguaglianza delle persone e ”l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Interroghiamoci su un ulteriore dato di fatto: occupiamo gli ultimi posti della classifica in Europa per quanto concerne la partecipazione della donna al mondo del lavoro. Tanto si è fatto, ma tanto rimane da fare. La nostra realtà quotidiana sarà migliore se potrà avvalersi compiutamente del contributo dell’altra metà del cielo. La società potrà dispiegarsi nella sua interezza solo attraverso l’apporto della grazia, della creatività, della forza d’animo, della pazienza e della dolcezza delle compagne della nostra vita.