mercoledì 2 novembre 2016

Sa falada de sos carruleddos Una discesa di altri tempi



Una linea orizzontale bianca indicante la partenza ed una successiva identica al termine del percorso di gara. Le ripide pendenze di via Milano leggermente segnate dall’incessante passaggio di cuscinetti di ferro. Un assordante sferragliare che si intensifica nei giorni precedenti la gara. Le prove libere costituiscono il momento cruciale per i tanti agonisti che si apprestano a sfrecciare davanti al folto pubblico della seconda edizione della manifestazione. La messa a punto dei mezzi certosina. I meccanici hanno lavorato giorno e notte per realizzare il miglior assetto del mezzo. Non si può sbagliare: in una discesa così ripida le conseguenze sarebbero nefaste. Ancora una volta il locale comitato dei quarantenni ha saputo amalgamare i giusti ingredienti per modulare un evento che armonizza nostalgia e passione, passatempo e divertimento, competizione e sport; ma suscita, soprattutto, gioia di partecipare.  Ha istituito un momento altamente socializzante che riunisce piccoli e grandi attorno ad una rinnovata passione sportiva che accomuna passato e presente. Chi tra i miei coetanei non ha posseduto unu carruleddu alzi la mano. Credo pochi, anzi pochissimi. I primi manti di asfalto avevano ricoperto le strade principali del paese. La comparsa del primo trabiccolo privo di motore aveva diffuso tra gli adolescenti e i preadolescenti un immediato spirito di emulazione. Occorreva procurarsi le tavole e tagliarle su misura per realizzare la scocca; poi la ricerca si indirizzava ai cuscinetti. Gli elementi motori, all’inizio facilmente reperibili presso i meccanici locali, si erano progressivamente diradati. Zio Peppino Virdis riuscì quasi per magia ad estrarre dal cilindro del suo ordinato disordine quei quattro Gronchi rosa che mi consentirono di approntare un piccolo gioiello della locomozione. L’ansia del debutto fu presto soffocata dalla gioia del primo veicolo di mia proprietà. La conduzione non era semplice. I piedi poggiati sulla barra direzionale dovevano esercitare la giusta pressione su quell’originale manubrio. Prime discese e prime emozioni. Una volta acquisita la necessaria confidenza con la velocità, le esercitazioni si trasferivano nei percorsi più difficili e spericolati. Purtroppo la mia carriera di pilota si concluse repentinamente. Un percorso particolarmente ripido e le bizze dei cuscinetti anteriori troppo sollecitati determinarono un vergognoso impatto contro un muretto. Lo scoraggiamento, più che dal bernoccolo sulla fronte, fu causato dall’incapacità di gestire il frangente; nella frazione di secondo precedente il rovinoso impatto, ricordo di aver trepidato al pensiero della fragilità dell’esistenza umana congiunto ad un’istintiva invocazione di aiuto. La delusione nel vedere un gioiello della tecnologia accartocciato mi spinse ad abbandonare le velleità di abbracciare una carriera che sembrava nata sotto buoni auspici. Oggi mi sorprendono le moderne elaborazioni tecnologiche. Alcuni utilizzano vere e proprie ruote di veicoli che conferiscono al mezzo una velocità supersonica. Altri si accovacciano su sedili anatomici che riproducono quelli delle monoposto di Formula 1. Qualcuno governa il proprio carruleddu con un sistema orientativo che riproduce le sembianze di un volante di auto. L’utilizzo del casco, obbligatorio durante la gara, conferisce ai partecipanti l’aureola di sportivi azzardati ed avventurosi. Tutti, ormai, hanno dotato il proprio mezzo di un sistema di ancoraggio per trascinarlo in salita una volta effettuata la discesa. Si dovrebbe iniziare a pensare ad un sistema di risalita come negli impianti sciistici. Ci si penserà alle prossime edizioni. La modernità affascina e la tecnologia costruttiva prende piede. E’ certo che, visto il successo, ci saranno le successive. Rimane identico lo spirito pioneristico proprio dei precursori che affrontavano le discese con una straordinaria spericolatezza che ci faceva sentire piccoli Ascari o novelli Fangio.  Rimane immutato il fascino di un mezzo di locomozione che, nella sua semplicità, riesce a far vibrare gli animi di piccoli e grandi in un’alternanza di emozioni, di gioia, di nostalgia e, consentitemelo, di un pizzico di sana follia.