Una linea orizzontale bianca indicante
la partenza ed una successiva identica al termine del percorso di gara. Le ripide
pendenze di via Milano leggermente segnate dall’incessante passaggio di
cuscinetti di ferro. Un assordante sferragliare che si intensifica nei giorni
precedenti la gara. Le prove libere costituiscono il momento cruciale per i
tanti agonisti che si apprestano a sfrecciare davanti al folto pubblico della
seconda edizione della manifestazione. La messa a punto dei mezzi certosina. I
meccanici hanno lavorato giorno e notte per realizzare il miglior assetto del
mezzo. Non si può sbagliare: in una discesa così ripida le conseguenze
sarebbero nefaste. Ancora una volta il locale comitato dei quarantenni ha
saputo amalgamare i giusti ingredienti per modulare un evento che armonizza nostalgia
e passione, passatempo e divertimento, competizione e sport; ma suscita, soprattutto,
gioia di partecipare. Ha istituito un
momento altamente socializzante che riunisce piccoli e grandi attorno ad una
rinnovata passione sportiva che accomuna passato e presente. Chi tra i miei
coetanei non ha posseduto unu carruleddu alzi la mano. Credo pochi, anzi
pochissimi. I primi manti di asfalto avevano ricoperto le strade principali del
paese. La comparsa del primo trabiccolo privo di motore aveva diffuso tra gli adolescenti
e i preadolescenti un immediato spirito di emulazione. Occorreva procurarsi le
tavole e tagliarle su misura per realizzare la scocca; poi la ricerca si
indirizzava ai cuscinetti. Gli elementi motori, all’inizio facilmente reperibili
presso i meccanici locali, si erano progressivamente diradati. Zio Peppino
Virdis riuscì quasi per magia ad estrarre dal cilindro del suo ordinato
disordine quei quattro Gronchi rosa che mi consentirono di approntare un piccolo gioiello
della locomozione. L’ansia del debutto fu presto soffocata dalla gioia del
primo veicolo di mia proprietà. La conduzione non era semplice. I piedi
poggiati sulla barra direzionale dovevano esercitare la giusta pressione su
quell’originale manubrio. Prime discese e prime emozioni. Una volta acquisita
la necessaria confidenza con la velocità, le esercitazioni si trasferivano nei
percorsi più difficili e spericolati. Purtroppo la mia carriera di pilota si
concluse repentinamente. Un percorso particolarmente ripido e le bizze dei cuscinetti anteriori troppo sollecitati determinarono un vergognoso impatto
contro un muretto. Lo scoraggiamento, più che dal bernoccolo sulla fronte, fu
causato dall’incapacità di gestire il frangente; nella frazione di secondo
precedente il rovinoso impatto, ricordo di aver trepidato al pensiero della
fragilità dell’esistenza umana congiunto ad un’istintiva invocazione di aiuto.
La delusione nel vedere un gioiello della tecnologia accartocciato mi spinse ad
abbandonare le velleità di abbracciare una carriera che sembrava nata sotto
buoni auspici. Oggi mi sorprendono le moderne elaborazioni tecnologiche. Alcuni
utilizzano vere e proprie ruote di veicoli che conferiscono al mezzo una
velocità supersonica. Altri si accovacciano su sedili anatomici che riproducono
quelli delle monoposto di Formula 1. Qualcuno governa il proprio carruleddu con
un sistema orientativo che riproduce le sembianze di un volante di auto. L’utilizzo
del casco, obbligatorio durante la gara, conferisce ai partecipanti l’aureola di
sportivi azzardati ed avventurosi. Tutti, ormai, hanno dotato il proprio mezzo
di un sistema di ancoraggio per trascinarlo in salita una volta effettuata la
discesa. Si dovrebbe iniziare a pensare ad un sistema di risalita come negli
impianti sciistici. Ci si penserà alle prossime edizioni. La modernità affascina
e la tecnologia costruttiva prende piede. E’ certo che, visto il successo, ci
saranno le successive. Rimane identico lo spirito pioneristico proprio dei
precursori che affrontavano le discese con una straordinaria spericolatezza che
ci faceva sentire piccoli Ascari o novelli Fangio. Rimane immutato il fascino di un mezzo di
locomozione che, nella sua semplicità, riesce a far vibrare gli animi di
piccoli e grandi in un’alternanza di emozioni, di gioia, di nostalgia e,
consentitemelo, di un pizzico di sana follia.