martedì 20 settembre 2016

A proposito di pastori e di turismo



Alcune recenti esternazioni di un noto operatore turistico italiano mi hanno richiamato alla memoria due celebri detti latini Nihil est dictu facilius. (Niente è più facile che parlare) ed ancora” Deficere est iuris gentium”. (Essere irragionevoli è un diritto umano). Credo che rispecchino fedelmente alcune imbarazzanti dichiarazioni di Flavio Briatore che, ancora una volta, prende di mira la nostra isola che, con le sue incomparabili bellezze, gli ha offerto l’ospitalità e la possibilità di accreditarsi imprenditore turistico a livello internazionale.  Le sue riflessioni, sviluppate durante un convegno ad Otranto in Puglia, manifestano un’ostilità mai sopita nei confronti dei miei corregionali. La critica è rivolta al costo dei collegamenti che superficialmente viene imputata ai sardi ed allo stesso tempo vengono censurati gli amministratori regionali rei di aver scarsa confidenza con i voli aerei. “Come si fa a parlare di turismo senza averlo mai visto” aggiunge il patron del Billionaire dimenticando che questo complesso settore comporta una mole inesauribile di studi, di analisi, di comparazioni, di conoscenze e di aggiornamenti che esulano dalle possibilità del singolo. Mi ha colpito in particolare quest’affermazione "La Sardegna ha posti straordinari. Il problema è che i sardi vogliono fare i pastori e che il turismo non sanno cos’è". Vorrei ricordare al mio illustre interlocutore che, durante le due grandi guerre, proprio moltissimi pastori sardi si distinsero in azioni eroiche che li portarono all’estremo sacrificio. Posso, allo stesso tempo, garantirgli che la cultura, l’attenzione per l’ambiente, il rispetto per gli animali, la cordialità verso il prossimo che esprimono le persone che quotidianamente vivono nelle campagne non ha riscontri nelle diverse classi sociali che ho avuto la fortuna di conoscere.  Ad un pastore basta uno sguardo ed una stretta di mano per sancire un accordo. Può Briatore dire lo stesso di sé e delle persone che frequenta? Non conosco neppure un pastore che è dovuto fuggire alle isole Vergini ed è potuto rientrare nel suolo patrio grazie ad un’amnistia. Il futuro proprietario del Twiga di Otranto aggiunge “Ci sono persone che spendono 10-20mila euro al giorno quando sono in vacanza, ma a questi turisti non bastano prati e scogliere: vogliono hotel extralusso, porti per i loro yacht e tanto divertimento". Vorrei eccepire a quest’ultima osservazione ricordando che le bellezze incomparabili della nostra isola discendono dalla naturalezza e dall’unicità dei territori (coste ed interno) e non saranno le cattedrali sulle spiagge o le barche di 70 metri a mutare il futuro economico delle nostre realtà. E per concludere con i nostri classici latini ricordo un’altra massima che ben si attaglia a questa dissertazione “In vestimentis non est sapientia mentis”. (La sapienza non sta negli abiti).

domenica 11 settembre 2016

Il grande cuore dei berchiddesi



Il grande cuore dei berchiddesi: altruista, generoso, solidale, ma anche sensibile, disponibile e pronto ad accorrere a sostegno del prossimo. Non è una novità per chi conosce la realtà della nostra comunità che sempre in passato ha sempre preso a cuore le sofferenze e le necessità del prossimo. Le popolazioni dell’Africa, le misere realtà messicane, le genti dell’est europeo, i terremotati o gli alluvionati.  Il paese si è sempre caratterizzato per la tempestività, la rapidità ed la prontezza con le quali ha dimostrato, con i fatti, la nobiltà che lo caratterizza. C’è sempre stato un gruppetto di berchiddesi che ha preso un’iniziativa di carattere umanitario; ad essa hanno immediatamente fatto seguito l’apprezzamento e conseguentemente il sostegno e la generosità dell’intera comunità. Un piccolo centro che si attiva e centra gli obiettivi che si era prefissato con un’iniziativa non casualmente intitolata “Io c’entro”. Colpisce soprattutto il fatto che, in questo caso, sono stati soprattutto i giovani a d assumere un’iniziativa dai profondi risvolti umanitari. Le popolazioni devastate dal recente sisma necessitano di tutto; non possiamo- si sono detti i protagonisti di questo lodevole progetto - rimanere insensibili di fronte a tanta devastazione materiale, morale e umana. La rete è stata il supporto logistico più naturale ed efficace per diffondere gli obiettivi di un impegno che non ha avuto bisogno di tanti giri di parole. Tutto il paese ha raccolto l’invito e si è sentito direttamente coinvolto. I risultati hanno superato anche le aspettative dei più entusiasti. Quindici giorni di preparativi hanno consentito di predisporre in piazza dei piatti che hanno suscitato l’entusiasmo, ma soprattutto hanno dimostrato la straordinaria grandezza d’animo degli innumerevoli partecipanti a questa stupendo momento di attenzione e di premura. Un felice pretesto per esserci, per sentirsi direttamente partecipi dell’angoscia di tanti sofferenti, per “entrare” discretamente, amichevolmente ed emotivamente nella vita dei più sfortunati e far sentire loro il calore della condivisione e della compartecipazione.

venerdì 2 settembre 2016

Il pericolo proviene dal mare



Il pericolo proviene dal mare. Era l’affermazione più ricorrente presso i nostri antenati per spiegare le continue incursioni dei predoni che nei secoli hanno depauperato la nostra isola. Le torri di avvistamento costruite lungo la fascia costiera dell’isola per segnalare l’apparire degli incursori, costituivano un’ancora di salvezza per gli abitanti inermi e indifesi. Sarà per questo che i sardi vengono etichettati come persone diffidenti soprattutto nei confronti degli estranei. Eppure manifestiamo un carattere ambivalente che spesso ci porta ad essere eccessivamente cortesi anche con persone che non lo meritano: soprattutto se provenienti da altre realtà. Ricordo la ritrosia di tanti insegnanti sardi preparati e motivati a produrre domanda per l’incarico di dirigente scolastico. Allo stesso tempo non posso dimenticare la presunzione di tanti docenti “continentali” che, pur non essendo altrettanto competenti, assumevano l’incarico con leggerezza e con superficialità. La decisione del governatore Pigliaru di affidare l’incarico di direttore generale dell’unica asl sarda ad un reatino riflette specularmente questa riflessione. Non abbiamo in Sardegna giovani preparati che sappiano svolgere compiutamente questo incarico? Mi rifiuto di crederlo. Conosco ragazzi che, costretti a esercitare la propria competenza lontano dalla Sardegna, sono diventati dei seri professionisti apprezzati e considerati. Docenti che prestano il proprio servizio in importanti università europee ed extraeuropee, architetti che operano in alcuni degli studi più prestigiosi e conosciuti, ingegneri che svolgono attività in America latina, manager con collaudata esperienza in diversi settori dell’economia, della ricerca, della sanità e della finanza. La nostra è una società che ha paura dei giovani e nutre scarsa fiducia nelle loro capacità. Spesso ricorre a pensionati, talvolta impegnati in ulteriori incarichi, per coprire posti lautamente retribuiti. E poi ci lamentiamo della cronica carenza di nascite o investiamo in campagne volte a scongiurare questo triste fenomeno che offendono il decoro e la dignità e l’autodeterminazione della donna. Cerchiamo da domani di recuperare la fiducia nelle nostre giovani risorse umane e potremo avere una Sardegna fiera, indomita consapevole delle proprie capacità e orgogliosa delle proprie intelligenze.