Alcune recenti esternazioni di un noto
operatore turistico italiano mi hanno richiamato alla memoria due celebri detti
latini Nihil est dictu facilius. (Niente è più facile che parlare) ed ancora”
Deficere est iuris gentium”. (Essere irragionevoli è un diritto umano). Credo
che rispecchino fedelmente alcune imbarazzanti dichiarazioni di Flavio Briatore
che, ancora una volta, prende di mira la nostra isola che, con le sue
incomparabili bellezze, gli ha offerto l’ospitalità e la possibilità di
accreditarsi imprenditore turistico a livello internazionale. Le sue riflessioni, sviluppate durante un
convegno ad Otranto in Puglia, manifestano un’ostilità mai sopita nei confronti
dei miei corregionali. La critica è rivolta al costo dei collegamenti che
superficialmente viene imputata ai sardi ed allo stesso tempo vengono censurati
gli amministratori regionali rei di aver scarsa confidenza con i voli aerei. “Come
si fa a parlare di turismo senza averlo mai visto” aggiunge il patron del
Billionaire dimenticando che questo complesso settore comporta una mole
inesauribile di studi, di analisi, di comparazioni, di conoscenze e di aggiornamenti
che esulano dalle possibilità del singolo. Mi ha colpito in particolare quest’affermazione
"La Sardegna ha posti straordinari. Il problema è che i sardi vogliono
fare i pastori e che il turismo non sanno cos’è". Vorrei ricordare al mio illustre
interlocutore che, durante le due grandi guerre, proprio moltissimi pastori
sardi si distinsero in azioni eroiche che li portarono all’estremo sacrificio.
Posso, allo stesso tempo, garantirgli che la cultura, l’attenzione per l’ambiente, il rispetto
per gli animali, la cordialità verso il prossimo che esprimono le persone che
quotidianamente vivono nelle campagne non ha riscontri nelle diverse classi
sociali che ho avuto la fortuna di conoscere. Ad un pastore basta uno sguardo ed una stretta
di mano per sancire un accordo. Può Briatore dire lo stesso di sé e delle
persone che frequenta? Non conosco neppure un pastore che è dovuto fuggire alle
isole Vergini ed è potuto rientrare nel suolo patrio grazie ad un’amnistia. Il
futuro proprietario del Twiga di Otranto aggiunge “Ci sono persone che spendono
10-20mila euro al giorno quando sono in vacanza, ma a questi turisti non bastano prati e scogliere: vogliono hotel extralusso, porti per i
loro yacht e tanto divertimento". Vorrei eccepire a quest’ultima
osservazione ricordando che le bellezze incomparabili della nostra isola discendono
dalla naturalezza e dall’unicità dei territori (coste ed interno) e non saranno
le cattedrali sulle spiagge o le barche di 70 metri a mutare il futuro
economico delle nostre realtà. E per concludere con i nostri classici latini ricordo
un’altra massima che ben si attaglia a questa dissertazione “In vestimentis non
est sapientia mentis”. (La sapienza non sta negli abiti).
martedì 20 settembre 2016
domenica 11 settembre 2016
Il grande cuore dei berchiddesi
Il grande cuore dei berchiddesi:
altruista, generoso, solidale, ma anche sensibile, disponibile e pronto ad
accorrere a sostegno del prossimo. Non è una novità per chi conosce la realtà
della nostra comunità che sempre in passato ha sempre preso a cuore le
sofferenze e le necessità del prossimo. Le popolazioni dell’Africa, le misere
realtà messicane, le genti dell’est europeo, i terremotati o gli alluvionati. Il paese si è sempre caratterizzato per la
tempestività, la rapidità ed la prontezza con le quali ha dimostrato, con i
fatti, la nobiltà che lo caratterizza. C’è sempre stato un gruppetto di
berchiddesi che ha preso un’iniziativa di carattere umanitario; ad essa hanno
immediatamente fatto seguito l’apprezzamento e conseguentemente il sostegno e
la generosità dell’intera comunità. Un piccolo centro che si attiva e centra
gli obiettivi che si era prefissato con un’iniziativa non casualmente
intitolata “Io c’entro”. Colpisce soprattutto il fatto che, in questo caso, sono
stati soprattutto i giovani a d assumere un’iniziativa dai profondi risvolti
umanitari. Le popolazioni devastate dal recente sisma necessitano di tutto; non
possiamo- si sono detti i protagonisti di questo lodevole progetto - rimanere
insensibili di fronte a tanta devastazione materiale, morale e umana. La rete è
stata il supporto logistico più naturale ed efficace per diffondere gli
obiettivi di un impegno che non ha avuto bisogno di tanti giri di parole. Tutto
il paese ha raccolto l’invito e si è sentito direttamente coinvolto. I
risultati hanno superato anche le aspettative dei più entusiasti. Quindici
giorni di preparativi hanno consentito di predisporre in piazza dei piatti che
hanno suscitato l’entusiasmo, ma soprattutto hanno dimostrato la straordinaria
grandezza d’animo degli innumerevoli partecipanti a questa stupendo momento di
attenzione e di premura. Un felice pretesto per esserci, per sentirsi
direttamente partecipi dell’angoscia di tanti sofferenti, per “entrare” discretamente,
amichevolmente ed emotivamente nella vita dei più sfortunati e far sentire loro
il calore della condivisione e della compartecipazione.
venerdì 2 settembre 2016
Il pericolo proviene dal mare
Il pericolo proviene dal mare.
Era l’affermazione più ricorrente presso i nostri antenati per spiegare le
continue incursioni dei predoni che nei secoli hanno depauperato la nostra isola.
Le torri di avvistamento costruite lungo la fascia costiera dell’isola per
segnalare l’apparire degli incursori, costituivano un’ancora di salvezza per
gli abitanti inermi e indifesi. Sarà per questo che i sardi vengono etichettati
come persone diffidenti soprattutto nei confronti degli estranei. Eppure
manifestiamo un carattere ambivalente che spesso ci porta ad essere
eccessivamente cortesi anche con persone che non lo meritano: soprattutto se provenienti
da altre realtà. Ricordo la ritrosia di tanti insegnanti sardi preparati e
motivati a produrre domanda per l’incarico di dirigente scolastico. Allo stesso
tempo non posso dimenticare la presunzione di tanti docenti “continentali” che,
pur non essendo altrettanto competenti, assumevano l’incarico con leggerezza e con
superficialità. La decisione del governatore Pigliaru di affidare l’incarico di
direttore generale dell’unica asl sarda ad un reatino riflette specularmente
questa riflessione. Non abbiamo in Sardegna giovani preparati che sappiano
svolgere compiutamente questo incarico? Mi rifiuto di crederlo. Conosco ragazzi
che, costretti a esercitare la propria competenza lontano dalla Sardegna, sono
diventati dei seri professionisti apprezzati e considerati. Docenti che
prestano il proprio servizio in importanti università europee ed extraeuropee,
architetti che operano in alcuni degli studi più prestigiosi e conosciuti,
ingegneri che svolgono attività in America latina, manager con collaudata
esperienza in diversi settori dell’economia, della ricerca, della sanità e
della finanza. La nostra è una società che ha paura dei giovani e nutre scarsa
fiducia nelle loro capacità. Spesso ricorre a pensionati, talvolta impegnati in
ulteriori incarichi, per coprire posti lautamente retribuiti. E poi ci
lamentiamo della cronica carenza di nascite o investiamo in campagne volte a
scongiurare questo triste fenomeno che offendono il decoro e la dignità e
l’autodeterminazione della donna. Cerchiamo da domani di recuperare la fiducia
nelle nostre giovani risorse umane e potremo avere una Sardegna fiera, indomita
consapevole delle proprie capacità e orgogliosa delle proprie intelligenze.
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